lunedì 15 giugno 2009

Casa Pazza Casa

Conosco bene le "regole" del blogging e sò che scrivere o postare degli articoli molto lunghi non è proprio il massimo che si possa fare, per una serie di motivi, primo tra tutti la perdita d'interesse da parte del lettore.
L'articolo di Valeria Palermi trovato sulle pagine dell'Espresso però , è molto interessante e vale sicuramente la pena impegnare 5 minuti per completarne la lettura......

".......se tutti diventiamo migliori avremo un mondo migliore.........."


Abitazioni effimere, spazi ribelli. Creati nella Francia profonda da gente diversa, ma con un desiderio in comune: vivere dentro la natura. E per questo si rifugia in yurte, roulotte mutanti, capanne sugli alberi, igloo fatti di paglia e terra. Luoghi in cui bisogna essere ben folli per vivere. O forse molto saggi.


Non sono parigini 'emmerdé' dal caos della metropoli, né aristocratici a caccia di un buen retiro. Sono molte cose e nessuna, in effetti: apripista e retroguardia, visionari e nostalgici, inviati dal futuro e creature della foresta. Hobbit contemporanei.
Come descrivere, altrimenti, il piccolo 'village troglodite' spuntato nella provincia dell'Anjou? Le case, una a una, si sono rintanate nella roccia come rifugi di umani primitivi. Eppure siamo nella Francia profonda. Ma è proprio qui che sta nascendo un disegno: una rete di abitazioni effimere, spazi ribelli, case volubili. Compromessi, più o meno ragionevoli, tra utopia e realtà, tra desideri e possibilità. Dilagano dalla Bretagna al Massif Central, dalla regione degli Alti Pirenei a quella del Cantal.
Li chiamano neo-ruraux, neoruralisti. Popolo eterogeneo, ma con un desiderio unificante: tornare alla campagna. Provare a vivere con meno, per avere molto di più. Dentro, ci trovi di tutto: dall'ecologista convinto, disposto a scendere a patti col bisogno di comfort pur di ridurre la sua impronta ecologica e fare una vita a zero emissioni, al post sessantottino ancora inquieto (da noi comprerebbe un trullo); dal neocontadino al pendolare tra città e campagna; dagli artisti alla gente del circo; dal trentenne che ha capito che la fuga è un'arte da imparare giovani, ai tanti 'baba-cool', mansueti frikkettoni. In comune una voglia: dare un segno forte di cambiamento. Anzi, abitarlo quel segno. Così le case le costruiscono con le loro stesse mani, e ne fanno yurte, roulotte, rifugi sugli alberi. Addirittura iglù. Case in cui bisogna essere ben pazzi per vivere, o forse molto saggi. Case con il genoma manipolato, mezze auto e mezze roulotte per esempio, e allora diventano 'carlotte'. Oppure sono 'kerterre', iglù fatti di paglia e di terra. Le più estreme: minimalismo all'ennesima potenza, case quasi da mondo post atomico, come quello immaginato da Cormac McCarthy ne 'La strada', dove vivere del poco che è rimasto. Evelyne Adam e i suoi in un iglù così ci vivono, in Bretagna. Bevono acqua piovana, dormono per terra, lavano i panni con la cenere. Il lavoro quotidiano è sopravvivere. Anche il fine è estremo: tornare alla terra nel senso di fondersi, non lasciar traccia. Le case sono di terra e paglia: ecologismo talebano. Evelyne è una sorta di militante di questa filosofia, ma non è in conflitto col territorio. Gli abitanti del paese vicino vengono da loro a comprarne il pane fatto in casa e i prodotti artigianali, e seguono le sue lezioni sulle erbe selvatiche.

Non sempre c'è tanta armonia, con i vicini. Le case ribelli disturbano. A volte creano problemi con la legge, perché non tutti amano avere questi vicini che sembrano squatter, che fanno lavori intermittenti, che suscitano incomprensioni e ostilità. Ne hanno bruciate diverse, di yurte, nella regione dei Pirenei, oppure le hanno fatte smontare. Basta chiamare i gendarmi, quasi sempre si trova che non sono autorizzate. Soluzione? Isolarsi, restare il più possibile discreti. Farsi accettare è una sfida continua, non tutti tengono duro fino alla fine, into the wild.
I più sereni sono i bambini. Troppo facile descriverli allegri, giustamente arruffati e con le gote rosse, però è così che le hanno: e si divertono un sacco, perché vivono con adulti che hanno più voglia di giocare di loro. Vedi i Galthazor. Alsaziani, artigiano lui, psicologa lei. La casa è un viaggio nella testa di Claude, un percorso niente affatto lineare tra corridoi, solai, botole, scale. Una casa-cervello come le scale impossibili di Escher perché ricalca le sue sinapsi; una casa matrioska, dove ogni cassetto apre altri anfratti. Dove ogni oggetto racconta una storia, e forse sono troppe. I bambini scrivono liberamente sui muri e si arrampicano sulla struttura esterna in vetro e metallo, perfino i criceti hanno un loro minuscolo percorso-vita, è la casa di Alice nel paese delle meraviglie, a patto di sapere che Alice va incontro alle sorprese più strane.
Nella 'carlotte' dei Lom, invece, in Picardie, c'è solo un letto. Anne e Joseph sono gente di circo, gli basta lo spazio davanti alla roulotte per allenarsi. Vivono con pochissimo, ma hanno grandi progetti: come quello di creare un loro circo, sotto una grande tenda. Del resto per questa gente le utopie sono sempre possibili, basta sapere che per realizzarle si paga un prezzo, non sempre modesto. Perché non avere l'elettricità non è pittoresco, vuol dire che la sera si va a letto presto, che la mattina ci si alza presto, che non ci sarà una lavatrice né una lavastoviglie da caricare, alla fine della giornata. Ma va bene così, anzi va così bene che Laurette e Boboss la loro yurta evoluta l'hanno ribattezzata 'isola dell'amore', e lei davanti ci danza.
Maxime e Corinne, davanti alla loro casa di legno, fanno il saluto al sole. Lei insegna yoga, lui è un artigiano. Si sono costruiti una casa sopraelevata e attraversata da un albero. L'hanno pensata in modo tale che l'albero continua a crescere senza distruggerla, solo accarezzandola più da vicino.
E poi ci sono quelli della casa rotonda, a Brest, in Bretagna. Più anziani, più borghesi, più 'normali'. Però anche loro, alla fine, la casa se la sono fatti da soli, l'architetto a un certo punto si è stufato: volevano una casa rotante, perché seguisse i raggi del sole. E infatti ora basta spingerla e gira, è leggera. Dentro ha il suo piccolo segreto, è una casa-disco volante.
Perché queste, tutte, sono case pronte a partire, o a essere lasciate senza troppe cerimonie. Case provvisorie e leggere, dove è difficile immaginare che squilli una sveglia al mattino, e qualcuno si prepari in fretta a uscire. Case miracolose e ingegnose, da villaggio dei puffi o abitate da elfi. Come la più bella: la casa di Flo, nelle Cevennes. Maison-folletto arrampicata sugli alberi: fuori strappata di peso dal mondo delle fiabe, dentro confortevole e ben arredata, e integrata perfettamente col paesaggio. Qui tutto è geometricamente asimmetrico, rigorosamente precario, flessibile per scelta, e per adattarsi alle forme dell'erba. Una casa liquida, dove il tetto è in tela, non rigido, così può confondersi nel fogliame. Una piccola casa poetica, per proprietari che fanno un mestiere poetico: cinema itinerante, da moderni troubadour di immagini. Portano il cinema nelle scuole, girando con proiettore e dvd, in quei villaggi francesi dove non c'è neppure una sala. Intanto la casa li aspetta, e trattiene il respiro.
Chi si fa una casa così nei sogni ci crede, conosce il potere della fantasia. Adesso loro due sono in Africa, a seguirne un'altra. Sono partiti su bici che si trainano dietro una specie di microcasa, difficile da immaginare, ma una volta che ci sei riuscito devi fare un altro salto logico. Perché qui nessuna mutazione è mai definitiva, e perfino quell'aggeggio diventa una barca, apre vele nascoste, e prende il mare.

Articolo di: Valeria Palermi

Fonte: L'espresso


2 commenti:

  1. cinque minuti di lettura non hanno mai ucciso nessuno. se poi le righe lette sono anche molto interessanti, direi che le regole del blogging possono aspettare.
    al prossimo articolo lungo e interessante.

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  2. Grazie Costanza....per l'attenzione e la lettura....mi lasci in privato la tua email che avevo delle proposte da farti?

    Grazie!

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